È stato il sito del quotidiano argentino “Clarin” il primo a dare la notizia della morte improvvisa di Diego Armando Maradona, leggenda del calcio che nella lunga storia del campionato italiano aveva lasciato un segno indelebile. Le poche notizie parlano di un arresto cardiorespiratorio che sarebbe stato fatale a Maradona mentre si trovava nella sua residenza di Tigre, in Argentina, dove stava trascorrendo un periodo di convalescenza dopo l’intervento chirurgico subito alla testa qualche settimana fa.
“El Pibe de Oro”, com’era chiamato, aveva compiuto 60 anni il 30 settembre scorso, e tutta la sua vita era andata avanti su binario parallelo: essere considerato ovunque uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, ma dall’altra una figura controversa facile agli eccessi dentro e fuori dal campo. Per due volte, le dipendenze gli avevano complicato l’esistenza: nel 1991 per uso di cocaina e tre anni dopo per positività ai test antidoping durante i Mondiale USA del 1994.
Fu lo stesso Maradona, nella sua autobiografia, ad ammettere la dipendenza dalla cocaina fin dagli anni Ottanta, quando era ancora in forza al Barcellona. Dopo il ritiro dal calcio giocato, la salute di Maradona aveva iniziato a peggiorare costringendolo a numerosi ricoveri in ospedale, interventi chirurgici e cure di disintossicazione.
Nella sua vita non sono mancati neanche i problemi con la giustizia, in particolare con il fisco italiano, che l’ha accusato di aver evaso oltre 39 milioni di euro.
Centrocampista offensivo dotato di grande carisma, mancino, era considerato inarrivabile per il controllo della palla, la precisione dei passaggi, la grande abilità nei dribbling e nei calci piazzati, che letteralmente pennellava andando a cercare l’unico angolino scoperto.
Aveva iniziato a tirare calci ad un pallone nella squadra del padre, l’Estrella Roja, per poi superare una selezione per l’Argentino Juniors di Buenos Aires, con cui nel 1978 diventa il capocannoniere del campionato argentino.
Nel 1981 passa al “Boca Junior”, formazione che però è costretta a venderlo l’anno successivo per problemi economici. Il primo a farsi avanti è il “Barcellona”, che mette sul piatto l’equivalente di 12 miliardi delle vecchie lire. È con la maglia del Barcellona che Maradona cementa la sua fama, rendendo il colpo a sorpresa del presidente del Napoli Antonio Ferlaino ancora più eclatante: Diego Armando Maradona debutta con la maglia azzurra del Napoli nel campionato 1984/85, diventando il re indiscusso della città partenopea grazie al contributo dato alla vittoria del primo scudetto.
All’inizio degli anni Novanta, quando la sua stella inizia ad oscurarsi, lascia Napoli per “Siviglia”: torna in Argentina per indossare ancora la maglia dei “Newell’s Old Boys” per poi tornare nel suo amato “Boca Junior”, dove vuole chiudere una carriera costellata da 312 gol nei club, più 34 realizzati con la maglia della Nazionale argentina.
Per puro caso, o forse per un gioco del destino, muore lo stesso giorno di George Best, un altro eroe degli stadi di tutto il mondo, altrettanto capace di bruciarsi l’esistenza fuori dal campo.