Tra la fine del 2012 e l’inizio dell’anno successivo, un’inchiesta della “United States Anti-Doping Agency” accerta un uso sistematico di sostanze dopanti da parte della “US Postal”, la squadra ciclistica in cui milita Lance Armstrong. Da eroe positivo, Armstrong diventa il capro espiatorio destinato a pagare per tutti: inizialmente nega, poi nel corso di una drammatica intervista con Oprah Winfrey ammette ogni cosa. È un maremoto che si conclude con la revoca delle sette vittorie consecutive del “Tour de France”, più una serie di vittorie e medaglie conquistate ovunque, Olimpiadi comprese.
Texano, classe 1971, Armstrong è stato per lungo tempo il simbolo della lotta al cancro: nel 1996 gli diagnosticano un carcinoma ai testicoli, diffuso nell’addome, ai polmoni e al cervello. Due anni dopo, il male è sconfitto: Lance torna in sella e riprende da dove aveva lasciato, conquistando tutto il conquistabile.
Bandito a vita dallo sport a cui ha dedicato l’esistenza, spogliato di ogni titolo, a 48 anni, con cinque figli e una compagna, Lance Armstrong non rinnega nulla del proprio passato. Ai microfoni della rete americana “NBCSN”, ha rilasciato un'intervista che sarà trasmessa fra pochi giorni e di cui è stata diffusa qualche anticipazione: “Ho imparato molto dai miei errori, ma so anche che abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare per vincere. Non era legale, ma non cambierei nulla”.
Nel 2018 ha accettato di pagare 5 milioni di dollari al governo degli Stati Uniti per risolvere una lunga causa per danni che rischiava di costargli 100 milioni di dollari.
“È stato un errore che ha portato ad un sacco di altri errori, compreso il più colossale crollo nella storia dello sport. Eppure lo ripeto: non cambierei il modo in cui ho agito. Se avessi fatto uso di droghe continuando a negare, non sarebbe successo niente di tutto questo, ma io ero un bersaglio grosso e facile, anche se tutti sapevano che il doping nel ciclismo era la pura normalità”.