MICHAEL O'BRIEN
Ormai l’antisemitismo di ritorno in Europa non è più solo un incubo ma una realtà molto diffusa. Ci sono gruppi parlamentari di estrema destra che si rifiutano di ricordare la Shoah, c’è una strisciante guerra ad Israele che non ha nulla di sereno od obiettivo, e recentemente in Italia un ragazzino ha minacciato un compagno di scuola ebreo così: “Riapriremo i forni e vi ci metteremo dentro”. Ma l’odio razziale investe anche lo sport. In Olanda gli insulti all’Ajax, considerata una squadra “ebrea” sono ormai diventati un caso non solo nazionale. La storia dovrebbe insegnare qualcosa (o no). Alla fine della seconda guerra mondiale, circa il 75% della comunità ebraica olandese era stato annientato nei lager nazisti, ma chi ha danneggiato "De Dokwerker”, la statua che commemora lo sciopero contro l'occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale, ricoperta di vernice gialla e verde dai sostenitori di una squadra rivale, è l’emblema di una xenofobia di ritorno alla vigilia delle prossime delicate elezioni europee.
Non solo danni ma anche svastiche verdi sulla strada, tra antisemitismo e odio conto la squadra di calcio della città, l’Ajax, conosciuta come "club ebraico". Il vandalismo, presumibilmente compiuto dai tifosi di una squadra di calcio rivale dell’Ajax, è solo uno degli ultimi episodi. Poco importa che le bancarelle vicino alla Johan Cruyff Arena vendano bandiere israeliane ai sostenitori. Prima dell'invasione nazista dei Paesi Bassi nel 1940, circa 80.000 dei 140.000 ebrei del paese vivevano ad Amsterdam. Molti di quelli che morirono nei lager andavano a guardare l'Ajax, ma fu proprio negli anni '60 e '70 che l'Ajax divenne noto come "club ebraico”. Alcuni dei presidenti che hanno guidato il club durante gli anni '60 e '70 erano ebrei, mentre ci furono anche giocatori ebrei come Bennie Muller e Sjaak Swaart. Una parte di tifosi, presi di mira, decise di reagire, definendosi "Super Ebrei", adottando la bandiera israeliana come simbolo e indossando la Stella di Davide. Come accade, in forme diverse, in Inghilterra con il club inglese Tottenham Hotspur, anch’esso considerato vicino agli ebrei. ”Non mi piace", ha detto alla CNN David Endt, ex direttore generale dell’Ajax che contesta questa caratterizzazione: "Dà all'altra parte un alibi, per gridare cose sbagliate, per ferire persone che non hanno nulla a che fare con il calcio. Non dovrebbero farlo e non credo che sia giusto. Posso capire un po' i tifosi, perché a loro piace camminare dietro la bandiera e avere un simbolo. Ma questo è il simbolo sbagliato. E’ fuorviante dire: 'Noi siamo gli ebrei’". Endt, che è ebreo, dice anche che il club stesso deve fare di più per affrontare il problema, facendo dell'educazione una parte fondamentale della soluzione. “Forse con i bambini più piccoli, insegnare loro il significato della bandiera ebraica, che non ha nulla a che fare con l’Ajax” Il calcio è sport, e adesso si rischia di trasformarlo in qualcos’altro, in un’occasione per far riemergere dal passato ombre che si pensava cancellate. Con la falsa maschera del tifo.