È Jonathan Hoffman, portavoce del Pentagono, a rivelare che le conseguenze dell’attacco missilistico iraniano dello scorso 8 gennaio alle due basi che ospitano militari americani, non è stato esattamente “innocuo” come dichiarato da più parti, a cominciare dal presidente Trump.
A ben 34 uomini di stanza in Iraq sono state diagnosticate lesioni cerebrali traumatiche: di questi, 17 feriti sono tornati in servizio e 16 sono stati curati sul posto, mentre 9 si trovano ancora in Germania e 8 hanno fatto ritorno degli Stati Uniti per ulteriori cure. Gli otto militari, sbarcati in America venerdì mattina, saranno curati al “Walter Reed National Military Medical Center”.
Anche se non sempre le lesioni cerebrali traumatiche sono evidenti nell’immediatezza, la conferma del Pentagono conferma che l’impatto dell’attacco è stato più grave di quanto ammesso inizialmente. Il Pentagono e Trump avevano dichiarato che nessun militare era rimasto ferito o ucciso nell’attacco missilistico, lanciato come rappresaglia all’uccisione del generale Soleimani.
“L’obiettivo del Pentagono è di essere trasparenti, accurati e di fornire al popolo americano le informazioni sugli enormi sacrifici che i nostri combattenti fanno”, ha concluso Hoffman.
A commento della notizia è arrivato il pensiero di Trump, che rispondendo ad una domanda dal Forum di Davos, ha voluto minimizzare: “Ho sentito che hanno avuto mal di testa e un paio di altre cose, ma direi che non è per nulla grave”.