Non potevano che finire così, i quattro anni più controversi, oscuri e forse inutili della storia presidenziale americana: quattro anni in cui Donald Trump è riuscito a lacerare gli Stati Uniti come mai prima d’ora legittimando i suprematisti bianchi, gruppi eversivi finora rimasti nell’ombra che finalmente hanno visto un “condottiero” disposto a guidarli.
L’assalto a Capitol Hill resterà scritto nella storia dell’America, una pagina infamante che racconta l’estremo tentativo di ribaltare un risultato saldamente acquisito, certificato e garantito come legittimo. Trump non è nuovo a certe cose, non riesce neanche a considerare la parola sconfitta: quando il suo programma “The Apprentice” non era stato neanche considerato per gli “Emmy” aveva fatto lo stesso, dicendo che si trattava di un’edizione truccata.
Ma allora era una questione di lana caprina, che faceva sorridere solo chi leggeva di gossip. Questa volta la storia è diversa, c’è di mezzo la più grande democrazia occidentale.
A poche ore dall’assalto di Washington il Campidoglio è tornato al sicuro, ma il bilancio oltre che pesante è assurdo: quattro morti e diverse decine di feriti. Era iniziato intorno alle 13 ora locale di ieri, quando qualche centinaio di sostenitori di Trump hanno violato uno dei più iconici edifici americani, trascinando la capitale nel caos. Li aveva aizzati lui stesso, invitandoli a boicottare il conteggio dei voti destinato a confermare la vittoria di Joe Biden.
I manifestanti, si dice giunti da ogni parte d’America e per buona parte armati, hanno divelto le barriere erette lungo il perimetro del Campidoglio finendo per scontrarsi con agenti in tenuta antisommossa. Circa 90 minuti dopo, la polizia annuncia che i manifestanti erano riusciti a entrare all’interno dell’edificio: pochi minuti dopo, il piano della Camera è stato evacuato insieme al vicepresidente Mike Pence. Gli agenti hanno invitato deputati e senatori a nascondersi sotto le sedie e indossare maschere antigas: sono stati portati a Fort McNair, una base dell’esercito poco distante da Washington.
Alle 15:00 la situazione era in pericoloso stallo: decine di agenti con le armi spianate intimavano di indietreggiare o avrebbero aperto il fuoco. Il capo della polizia di Washington, Robert Contee, improvvisa una conferenza stampa in cui parla di quattro vittime, senza specificare le modalità della morte, con numerosi agenti feriti, alcuni trasportati in ospedale in gravi condizioni e un totale di 52 persone fermate. Nel conto anche un numero imprecisato di bombe molotov e ordigni esplosivi disinnescati dagli artificieri, rinvenuti davanti alla sede del DNC (Democratic National Convention) e dell’RNC (Republican National Convention).
Ore dopo, Capitol Hill è ancora sotto assedio: si vedono le colonne dei fumogeni lanciati dalla polizia salire verso il cielo, mentre la polizia perquisiva stanza per stanza per mettere in sicurezza l’edificio, mentre il sindaco dichiarava il coprifuoco in città fino al 21 gennaio, il giorno successivo al giuramento di Biden. Solo una volta, nell’agosto del 1814, il Campidoglio era stato preso d’assalto: allora erano stati gli inglesi, che avevano attaccato e dato alle fiamme l’edificio.
Secondo il Pentagono, il vicepresidente Mike Pence ha attivato la Guardia Nazionale per fornire supporto alle forze dell’ordine federali”. Soltanto ore dopo, Trump ha finalmente invitato i suoi sostenitori a “tornare a casa”, continuando a insistere sulla vittoria che gli è stata rubata: “Conosco il tuo dolore, so che sei ferito. Ci è stata rubata la vittoria, ma ora devi tornare a casa e ricorda questo giorno per sempre”.
Rientrando a Capitol Hill, Mike Pence ha condannato l’assalto, “Non avete vinto, la violenza non vince mai”, e altrettanto dure sono le parole di Mitch McConnell, leader repubblicano in Senato: “Gli Stati Uniti non saranno intimiditi da una falsa insurrezione armata”. Durissimo l’affondo del “Washington Post” che attacca affermando che la responsabilità dell’accaduto cada come un macigno su Donald Trump, “che ha dimostrato di rappresentare una minaccia all’ordine pubblico e alla sicurezza nazionale: fin quando resterà alla Casa Bianca il paese sarà in pericolo”. Lindsey Graham, senatore repubblicano da sempre al fianco di Trump, prende le distanze: “Abbiamo fatto un bel viaggio insieme e mi dispiace che finisca così, ma oggi tutto quello che posso dirgli è ‘non contare su di me’. Joe Biden e Kama Harris sono stati eletti legalmente”.
Ma le polemiche non mancano: tanti hanno notato molta meno polizia di quella che era stata schierata durante le proteste per la morte di George Floyd. E ancora di più sono coloro convinti che se un’azione simile fosse stata organizzata da afroamericani, le vittime si conterebbero a centinaia.
Non è ancora finita, non lo sarà fino alle 12 e un minuto del 20 gennaio prossimo, quando Donald Trump tornerà ad essere un privato cittadino, o forse un cittadino privato del potere in cui ha sguazzato per quattro anni.