Si chiamava Brooklyn Lindsey, ma per gli amici era “sweetheart”, dolcezza. Per 11 anni aveva seguito il suo caso Kris Wade, attivista del “Justice Project” di Kansas City, un’organizzazione che tenta di aiutare prostitute, donne in difficoltà e vittime di violenza.
Brooklyn batteva i marciapiedi, e secondo chi la conosceva era una persona molto intelligente, dotata di un grande senso dell’umorismo e molto benvoluta: “Diventando transgender sentiva di non aver perso nulla, anzi, ne aveva guadagnato in consapevolezza”.
Ma Brooklyn non c’è più: due giorni fa, la polizia di Kansas City l’ha ritrovata cadavere sotto un portico, a pochi passi dal luogo dove - quattro anni fa - Tamara Dominguez, un’altra transgender latina, era stata ripetutamente travolta da un’auto guidata da Luis Sanchez, per il suo omicidio condannato a 18 anni di galera. Anche il caso della morte di Brooklyn Lindsey è diventato l’ennesimo fascicolo per omicidio fra le mani del dipartimento di polizia: secondo le poche informazioni fornite, il corpo era crivellato di proiettili.
Gli ultimi a vederla raccontano che Brooklyn aveva paura, forse solo un presentimento, magari delle minacce ricevute: qualche settimana prima era stata “picchiata selvaggiamente” finendo in ospedale. Proprio per questo, la settimana scorsa i volontari di Project Justice avevano cercato di toglierla dalle strade, almeno temporaneamente, ma non c’erano posti letto disponibili: “Non avevamo i soldi per ospitarla”.
Il portavoce della polizia e le autorità cittadine hanno lanciato l’allarme: la violenza contro le persone transgender è in pericoloso aumento. La comunità LGBT è stata presa di mira e il tasso di omicidi ha raggiunto i massimi storici: undici omicidi dall’inizio di quest’anno, ed erano tutte transgender di colore.