È il “Wall Street Journal” a rivelare che il procuratore federale di Brooklyn, parlando di “criminalità organizzata”, ha avviato un’inchiesta contro “Huawei” per furto di segreti commerciali, al fine di rafforzare il proprio business. Almeno sei aziende americane avrebbero subito la violazione dei diritti di protezione della proprietà intellettuale: fra queste la “TLC T-Mobile”, che nel gennaio del 2019 ha portato all’arresto di Meng Wanzhou, la figlia del fondatore del colosso cinese delle telecomunicazioni, Ren Zhengfei.
Un’accusa pesante, sfociata dopo l’allarme lanciato dal consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Robert O’Brien, secondo cui Huawei avrebbe creato porte di accesso segrete nei sistemi hardware per impossessarsi dei contenuti delle reti mobili.
Il colosso cinese ha risposto in modo particolarmente duro attraverso una dichiarazione, ricordando che la backdoor citata dagli americani è una funzione legale obbligatoria per rendere accessibili i dati durante le indagini criminali. “Le accuse statunitensi rivolte a Huawei non sono altro che una cortina fumogena: l’azienda non ha mai e mai avrà accesso segretamente alle reti di telecomunicazioni, né ha la possibilità di farlo. La gestione e l’uso effettivo delle intercettazioni legali sono condotti unicamente dagli operatori e dalle autorità regolatorie”.