La “bomba” la sgancia “Fox & Friends”, trasmissione del canale “Fox News”: un’intervista a Michael Baden, ex medico legale di New York che in una carriera lunga cinque decenni ha lavorato su casi di alto profilo come gli omicidi di John F. Kennedy, Martin Luther King, del produttore discografico Phil Spector, della star dei New England Patriots Aaron Hernandez e del caso di O.J. Simpson.
Assunto da Mark, il fratello di Jeffrey Epstein, il miliardario pedofilo ufficialmente morto suicida lo scorso 10 agosto nella sua cella del carcere federale di Manhattan, il dottor Baden ha assistito all’autopsia e, in base alla sua esperienza, il referto finale è del tutto sbagliato. Non si tratterebbe di suicidio, ma di un omicidio in piena regola.
Anche se rimasta a livello di inchiesta giornalistica, la tesi del complotto era emersa già poche ore dopo l’improvviso suicidio di Epstein, amico di personaggi troppo potenti che non potevano permettersi di rischiare il coinvolgimento in un traffico di ragazzine minorenni. Il miliardario sapeva troppo e il rischio di una confessione, magari in cambio di un trattamento migliore in cella, era nell’aria.
Secondo Michael Baden, i segni sul corpo di Epstein sono coerenti con lo strangolamento più che con l’impiccagione: il miliardario 66enne aveva fratture sui due lati della laringe, in particolare nella cartilagine tiroidea – detta anche pomo di Adamo - e sull’osso ioide sinistro. “In 50 anni di carriera e 20mila autopsie non ho mai visto questo tipo di fratture nei casi di suicidio per impiccagione, mentre al contrario sono molto comuni in quelli per strangolamento. Su una persona di 55 kg, la testa ne pesa 10: quindi nei casi di impiccagione il collo subisce una pressione di quasi 50 kg che statisticamente produce dei danni ben precisi. Ma se qualcuno ha messo due mani intorno al collo di una persona e premuto con forza, la pressione raddoppia o addirittura si triplica, lascando indicazioni ben diverse. Intorno agli occhi di Epstein erano presenti anche delle emorragie che sono comuni nello strangolamento e non nelle impiccagioni. L’emorragia prominente nei tessuti molli del collo vicino alle fratture è la prova di una compressione del collo che potrebbe aver causato la morte”. L’attenzione del medico si concentra soprattutto sul lenzuolo che Epstein avrebbe utilizzato per togliersi la vita, dopo averlo legato al letto a castello della sua cella: è probabile che sia stato messo intorno al collo del finanziere quando era già morto e la prova sul materiale potrebbe aiutare a dimostrare se qualcun altro è stato coinvolto o meno nella morte. “Chiunque sia ha facilmente lasciato il suo DNA, ma non disponiamo ancora di quei risultati, che a parer mio dovrebbero essere accertati in modo rapido per placare le speculazioni che si sono formate intorno a questo caso”.
Il 23 luglio, due settimane prima della morte, Jeffrey Epstein era stato rinvenuto privo di sensi sul pavimento della sua cella con segni di soffocamento intorno al collo. Una settimana dopo è stato spostato in un’altra cella con un compagno di stanza diverso che a sua volta era stato trasferito poco dopo, lasciando Epstein da solo in cella. “E questa non è l’unica stranezza di quello che sembra un piano architettato alla perfezione per eliminarlo: il giorno del suicidio/omicidio, la sicurezza del Metropolitan Correctional Center di New York ha subito un problema nella normale procedura: le due guardie che avrebbero dovuto lavorare in quella zona della prigione si erano presumibilmente addormentate e per tre ore non avevano fatto i giri di controllo visivi delle celle, previsti invece ogni 30 minuti”. Poi ci sarebbe da chiarire il mistero delle telecamere di sicurezza che avrebbero dovuto registrare la cella e il corridoio esterno, per vedere chi entrava e usciva: “Ancora una volta, per puro caso, entrambe avevano apparentemente un malfunzionamento. E non hanno registrato nulla”.
Mark Epstein, il parente più prossimo di Jeffrey, ha assunto il dottor Baden per un’indagine indipendente: se la morte del fratello si rivelerà un omicidio, lui e gli altri parenti temono di essere a rischio.