Non si placano le polemiche intorno alla drammatica indecisione di Trump, per molti americani e soprattutto per i media, rappresenta il principale imputato per la scarsa serietà con cui ha affrontato gli allarmi che suonavano da più parti. La sua escalation, da “è solo una semplice influenza” a “sarà una battaglia durissima” sono una litania che si ripete ovunque, e secondo i più spietati analisti dimostra l’incompetenza, la sciatteria e l’ignoranza del comandante supremo, per di più in un momento in cui al Paese servirebbe una guida forte, decisa e sicura.
L’ultima rivelazione, la più recente, arriva da un ex funzionario di una non meglio agenzia di controspionaggio statunitense, che ha raccontato di come i servizi seguissero la preoccupante ascesa del coronavirus dallo scorso novembre, settimane prima che l’informazione fosse inclusa nel briefing quotidiano di intelligence destinato alla scrivania del presidente.
Mentre la data esatta del primo rapporto rimane poco chiara, la fonte ha rivelato che da quel mese, l’intelligence ha lanciato diversi avvertimenti sulla potenziale gravità della pandemia. Ma soltanto il 3 gennaio, Trump avrebbe accettato un briefing con i servizi segreti, che a quel punto avevano illustrato al meglio delle loro possibilità la situazione del contagio in Cina e soprattutto il terrificante potenziale della diffusione, che presto avrebbe raggiunto anche negli Stati Uniti. Ma dietro le quinte il lavoro andava avanti da settimane, con la CIA e altre agenzie che setacciavano le loro reti di informatori per scoprire che la situazione stava sfuggendo di mano alla Cina.
Un funzionario della difesa ha negato l’esistenza del rapporto del 3 gennaio: “Gli apparati interni alla Casa Bianca hanno esaminato ogni possibile documento che avrebbe potuto essere identificato come correlato all’argomento, e non hanno trovato nulla”. Poco dopo, alla cortina difensiva si è allineato il Pentagono, negando la presenza del rapporto: “Abbiamo esaminato tutto il materiale relativo a novembre e a dicembre. La prima indicazione che abbiamo ricevuto sono stati i rapporti alla fine di dicembre diffusi anche nel forum pubblico. E i primi rapporti di intelligence che ho visto risalgono a gennaio inoltrato”.
La delicata questione di quando il Presidente sia venuto a conoscenza per la prima volta della minaccia Covid-19 è diventata sensibile con l’aumento vertiginoso del numero di morti negli Stati Uniti: l’amministrazione si sente sotto tiro e Trump ripete che era impossibile immaginare quanto sarebbe stato letale il virus. Il presidente ribadisce di essere venuto a conoscenza della gravità del coronavirus solo “poco prima” dell’entrata in vigore delle restrizioni di viaggio del 2 febbraio.
Ma la fonte - che ha chiesto l’anonimato - insiste: dagli inizi di dicembre, i social media cinesi hanno iniziato a fornire indizi sulla lotta per contenere una malattia respiratoria che all’epoca era stata paragonata alla SARS, l’analoga epidemia virale del 2003. Pechino stessa, dai dati ufficiali, il 31 dicembre ha notificato ufficialmente all’Organizzazione Mondiale della Sanità la presenza sul proprio territorio di casi crescenti di un’epidemia di polmonite dalle cause ancora sconosciute.