Per la seconda notte consecutiva, su Minneapolis è calato l’inferno. Scontri, auto in fiamme, violenze e saccheggi di negozi e centri commerciali hanno puntellato la principale città del Minnesota, mentre le proteste si estendevano ormai a tutte le più grandi città americane. La morte di George Floyd non va giù, malgrado le rassicurazioni che giustizia sarà fatta, e lasciano presagire una nuova stagione di scontri. Il commissariato a cui appartenevano gli agenti è stato dato alle fiamme malgrado la recinzione eretta dalla polizia e buttata giù dai manifestanti. La guardia nazionale dello stato ha annunciato la mobilitazione di 500 uomini, mentre Trump bollava come “criminali” i manifestanti, approfittandone per tirare una stoccata anche ai vertici dello Stato: “Non posso sopportare quanto sta accadendo a Minneapolis, per colpa di una totale mancanza di leadership. O Jacob Frey, il debole sindaco, si comporta bene e riporta la città sotto controllo o invierò la guardia nazionale”.
Ma la protesta per la morte di George Floyd, 46 anni, ucciso da un agente che gli ha premuto un ginocchio sul collo fino a soffocarlo, ha toccato anche altre città come Memphis, Los Angeles, Denver, Oakland, Chicago, San Francisco e New York, dove la polizia ha arrestato 30 persone, colpevoli di aver dato il via ad un lancio di bottiglie verso il City Hall, sede del municipio. L’Onu, attraverso le parole di Michelle Bachelet, alto commissario per i diritti umani, ha condannato la morte di Floyd: “Questa è l’ultima di una lunga lista di uccisioni di afroamericani disarmati ad opera di agenti di polizia”.