A modo suo è una rivoluzione, l’elezione a sindaco di Chicago di Lori Lightfoot: avvocato, ex procuratore federale, ma soprattutto afroamericana e gay. Cinquantasette anni, nata a Massilon, nell’Ohio, titolare di una carriera messa insieme fra prestigiosi studi legali e incarichi governativi, ha sconfitto al ballottaggio Toni Preckwinkle, ex assessore e presidente del partito Dem della contea di Cook.
Non è un incarico semplice quello che aspetta la neo sindaca: Chicago, terza città più popolosa d’America, è schiacciata da anni da problemi come un debito pensionistico abnorme e un calo demografico dovuto soprattutto ad un tasso di omicidi e violenze fra i più alti d’America, ben più alto di Los Angeles. A portarla alla vittoria un programma elettorale che ha come punti cardine la sconfitta della corruzione politica e un taglio netto agli abusi di potere della polizia.
Ma se con una mano sembra essere sempre un passo in avanti, con l’altra America indietreggia. Una recente sentenza della Corte Suprema, negli stessi giorni sta scatenando le proteste degli attivisti di tutto il mondo. Con 5 voti contro 4, la Supreme Court ha respinto un ricorso presentato da Russell Bucklew, un condannato a morte per un omicidio commesso nel 1996 e affetto da emangioma cavernoso che nel ricorso ha affermato di “considerare potenzialmente molto dolorosa” l’iniezione letale. Il condannato ha chiesto l’uso dell’azoto, ma l’ipotesi è stata respinta in quanto non esistono precedenti in nessuno stato americano. Nella sentenza, la Corte ha da un lato ribadito che la legge vieta metodi di applicazione della pena capitale “crudeli e inusuali”, ma non c’è scritto da nessuna parte che “la morte non debba essere per forza indolore”.