Il 28 maggio, i genitori di Mya Vizcarrondo-Rios, una ragazzina di 15 anni di New York morta suicida lo scorso febbraio, hanno presentato una causa alla Corte Suprema del Bronx contro la città, il dipartimento dell’educazione e i dirigenti scolastici della “Harry S. Truman High School”.
Mya era stata ammessa in quella scuola nel settembre del 2017, diventando quasi subito oggetto di episodi di bullismo che le avevano causato un grave disagio emotivo.
Heriberto Rios e Nelly Vizcarrondo, i genitori della ragazzina, si erano rivolti ai funzionari scolastici, ma questi pare non abbiano fatto nulla “per fermare e prevenire” la violenza che loro figlia era costretta a subire quotidianamente. Mya aveva cercato di resistere, ma ormai non era semplice sfuggire al ruolo di vittima a cui tutta la scuola l’aveva relegata. Più volte era stata picchiata, e lei stessa aveva scelto di andare di persona dal consulente scolastico per chiedere aiuto. Piano piano, le assenze della ragazzina, che fino ad allora aveva avuto un rendimento scolastico altissimo, erano aumentate ma questo, invece di far suonare l’allarme ai dirigenti scolastici, li aveva portati a convocare i genitori per chiedere spiegazioni e obbligare Mya a dover mettere la firma sul registro di classe ad ogni ora, per evitare che lasciasse la scuola a metà mattina, come aveva fatto spesso sperando così che la sua assenza non fosse notata.
Il 28 febbraio scorso, l’ultimo affronto subito convince Mya di non avere altra scelta. Quel giorno, dopo aver partecipato ad uno spettacolo scolastico, Mya era stata portata in una zona nascosta dell’auditorium scolastico, dove era stata obbligata a forza a praticare del sesso orale a due dei suoi aguzzini, che non contento l’avrebbe filmata e diffuso senza sosta le immagini, che in poco tempo avevano fatto il giro della scuola. Era uscita da scuola senza dire a nessuno dov’era diretta, e “nessuno ha provato a fermarla o a cercarla, neanche gli insegnanti che erano obbligati a controllare la sua presenza in classe”, sottolinea l’avvocato John Scola, che difende la famiglia.
Tornata a casa, Mya si era lancia nel vuoto dal 34esimo piano del palazzo in cui viveva con la sua famiglia: l’hanno trovata ancora con il suo zaino sulle spalle. Trasportata d’urgenza al Jacobi Medical Center in condizioni disperate, è morta alle 15:02 del 28 febbraio, senza mai riprendere conoscenza. Per i suoi funerali, la famiglia ha dovuto ricorrere ad una raccolta fondi in crowdfunding.
“Le circostanze che hanno portato alla morte di Mya potevano essere facilmente evitate, e di questo ne chiederemo conto. Ma ci auguriamo almeno che il sacrificio di una ragazzina di 15 anni faccia in modo che il Dipartimento dell’educazione di New York City rivaluti le proprie dinamiche e formi adeguatamente i dipendenti sulle questioni relative al bullismo, in modo che nessuno, mai più, si senta così disperato da pensare che il suicidio sia l’unica soluzione possibile ai problemi”.
“Si tratta di una perdita tragica: tutti gli studenti meritano ambienti scolastici sicuri - ha commentato un portavoce del Dipartimento dell’educazione di NYC - siamo consapevoli del forte impatto che il bullismo può avere: le scuole sono tenute a indagare immediatamente e ad affrontare ogni accusa”.