Jaylon McKenzie era un talento, considerato una delle migliori promesse future del football americano: a soli 14 anni, le università tentavano di strapparselo a suon di ingaggi, certi che avrebbe presto raggiunto la “NFL”, la massima divisione, l’olimpo dei campioni. Originario di Belleville, Illinois, sognava di sbarcare in California da professionista, per giocare con la maglia dei “Los Angeles Rams” o dei “Chargers”, i suoi idoli. Sogni che si sono infranti la notte di sabato, quando Jaylon è stato ucciso ad una festa a cui stava partecipando.
È successo poco prima della mezzanotte di sabato, ha riferito la polizia di stato dell’Illinois, quando diverse pattuglie hanno risposto a numerose segnalazioni che parlavano di una festa troppo rumorosa a Venice, località omonima di quella sulla costa californiana, al confine fra Illinois e Missouri. Le chiamate parlavano di colpi d’arma da fuoco sentiti distintiamente da tutto il vicinato.
Secondo la polizia, all’interno della festa sarebbe scoppiata una rissa, con armi saltate fuori all’improvviso: temendo il peggio Jaylon si stava allontanando velocemente quando è stato colpito da un proiettile vagante. Lui e una ragazza di 15 anni sono stati portati in un ospedale, dove Jaylon McKenzie è morto poco dopo il ricovero: anche la ragazza è in condizioni critiche.
La “Louis School District 189”, la scuola frequentata da Jaylon, ha confermato che alcuni dei propri studenti sono stati coinvolti nello scontro a fuoco: “Abbiamo ancora pochi dettagli sull’accaduto: sappiamo solo che alcuni dei nostri giovani, le famiglie e il personale scolastico hanno dovuto affrontare quest’anno una serie di tragedie e di episodi di violenza. Chiediamo spazio e tempo nel rispetto del dolore per quest’ultimo dramma immenso”.
Sukeena Gunner, la madre di Jaylon, ha riferito che si è trattato di un tragico caso del destino, perché la sua famiglia nei weekend era solita viaggiare per seguire il ragazzo nelle partite: “Non frequentava quasi mai le feste, non ne aveva il tempo”, ma questo mese aveva meno impegni e ne ha approfittato per passare una serata fra gente della sua età. “Non aveva intenzione di fermarsi a lungo, era lì insieme ad un’amica giusto per bere qualcosa e salutare gli amici”.
Intorno alla mezzanotte, la mamma ha ricevuto una telefonata dal fratello di Jaylon che le comunicava la tragedia. “Ho iniziato a urlare e mi sono inginocchiata per chiedere al Signore di non prendersi il mio bambino. Ora è tutto molto difficile: è come un brutto sogno, è come se dovessi svegliarmi domattina e rivedere il mio ragazzo sorridente che chiede qualcosa da mangiare, come fa sempre”.
Jaylon era il più giovane di cinque figli, e ha sempre amato il football: "lo raccontiamo sempre, la sua prima parola non è stata mamma o papà, ma Pallone. Amava solo quello: dal momento in cui è stato in grado di camminare e correre, voleva solo giocare a football”.
Quando ha iniziato a giocare in una squadra, Jaylon ha voluto la maglia numero 3, ma ha cambiato con il 6 quando aveva 8 anni, perché adorava De’Anthony Thomas, ricevitore dei “Kansas City Chiefs”.
Ma al di fuori dello sport, Jaylon era molto di più: “Amava vestirsi alla moda, adorava le scarpe da ginnastica, i videogiochi, lo shopping e uscire con il suo gruppo selezionato di amici. Non era un ragazzo di molte parole, era introverso, ma tutti lo conoscevano e lo amavano”.