C’è un’America sgomenta, che scopre di aver già pagato con 50mila morti il proprio tributo al coronavirus. Ma c’è anche un’America che scalpita e vuole tornare al lavoro, perché teme più la fame del virus. Poi c’è un’altra America, quella vista dalla Casa Bianca, dove gli analisti politici in queste ore tornano a ricordare che il gran capo è un palazzinaro, un venditore e un piazzista che in vita sua ha messo nome e faccione su immobili, bistecche, giochi da tavolo, vodka e perfino camicie e cravatte.
Qualcuno lo paragona a quei venditori itineranti che ai tempi dei pionieri giravano di piazza in piazza promettendo medicinali miracolosi importati chissà da dove, e la gente ci credeva. Trump è uguale: arriva, srotola il tappeto e ad ogni briefing sulla pandemia tenta un numero di magia, nel disperato tentativo di far quadrare i conti fra la gente che continua a morire e quella che continua a non lavorare. La differenza, fanno notare in tanti, è che se prima si trattava di commercio, adesso ci sono di mezzo vite umane.
Le visioni di Trump sono quotidiane, una più entusiasta dell’altra, come quella che sole, caldo e umidità estiva potrebbero eliminare il virus dalla faccia della terra. Per dimostrarlo ha chiesto il supporto di William Bryan, direttore ad interim della direzione della Scienza e della Tecnologia del Dipartimento di Sicurezza Nazionale, chiedendo di svelare la ricerca sulla suscettibilità del coronavirus al calore e alla luce. Bryan ha presentato alcuni dati secondo cui in alcune circostanze la luce del sole può ridurre la vita del virus su una superficie da 18 ore a meno di due minuti. Ma non è la stessa cosa.
Eppure Trump, che appariva affascinato dalle possibilità, andava avanti con le fantasticherie: “Supponiamo di colpire il corpo con una luce tremenda, che sia ultravioletta o semplicemente molto potente... supponiamo di portare la luce all’interno del corpo, cosa che si può fare, attraverso la pelle o in qualche altro modo”. Qualche istante dopo, Trump ha chiesto alla dottoressa Deborah Birx, membro della task force contro la pandemia, se è vero che calore e luce possono essere combinati come cura per qualcuno che deve affrontare le complicazioni del coronavirus, tra cui problemi respiratori, cardiaci e insufficienza renale. E lei, Che è un medico vero, ha annaspato un po’: “Non come trattamento... è una buona cosa quando hai la febbre, aiuta il corpo a reagire. Ma... non ho mai visto utilizzare il calore per i virus”. Esistono prove scientifiche che la luce del sole e l’umidità possono rendere più difficile la diffusione di un virus, ma la lotta di paesi tropicali come Singapore per contenere una seconda ondata sembra indicare che il calore non è una cura miracolosa.
Il colpo di scena, Trump se l’è tenuto da parte ipotizzando che iniettare disinfettante nei pazienti colpiti dal virus secondo lui potrebbe essere una mano santa, come pure la candeggina. “Forse si può, forse no, non sono un medico, sono solo una persona che tenta di usare la testa”.
La comunità scientifica americana ha reagito con stizza alle ultime trovate trumpiane. Qualche ora dopo Stephen Hahn, commissario per la Food and Drug, ha aggiunto: “Non consiglierei l’ingestione di un disinfettante”, mentre il cardiologo Jonathan Reiner è stato più lapidario: “Se il Presidente pensa che i lettini abbronzanti cureranno il coronavirus, è un errore, non succederà”.
La verità è che Trump ha fretta: in cinque settimane 26 milioni di americani hanno perso il lavoro, ed è tutta gente che a novembre voterà.