È la “pistola fumante”, la prova provata della disperazione di Donald Trump, beccato nell’ennesimo tentativo di ribaltare il risultato delle elezioni. L’audio pubblicato dal “Washington Post” è forse la più infamante pietra tombale della sua presidenza: ripresa da ogni media del pianeta, getta il presidente uscente e l’intero partito repubblicano in una situazione imbarazzante.
La registrazione della telefonata in cui Trump chiama il segretario di Stato della Georgia, Bran Raffensperger, per chiedere il ricalcolo dei voti in suo favore, in queste ore viene tacciata come “la più grave minaccia mai vista per la democrazia americana”.
Trump chiede a Raffensperger “voti a sufficienza” per ribaltare il risultato, minacciandolo di conseguenze penali se non lo farà. Il segretario di Stato è l’unico in questa storia che sembra uscirne meglio, perché resiste alle pressioni e respinge la richiesta affermando che i conteggi sono esatti, effettuati con scrupolo e accuratezza: danno 11.799 voti di vantaggio per Biden.
Tutto questo ad un giorno dal ballottaggio che assegnerà i due seggi della Georgia, decisivi per stabilire se Biden avrà la maggioranza delle due camere o sarà costretto ad un mandato da “anatra zoppa”, e soprattutto a due giorni dalla riunione congiunta di Camera e Senato a Capitol Hill, in cui un drappello di senatori repubblicani hanno già annunciato di volersi opporre al risultato. Un attacco disperato che non ha alcuna possibilità di successo, basato su menzogne e teorie cospiratorie, ma che comunque convincerà milioni di elettori di Trump che le elezioni sono state truccate.
“Voglio solo trovare 11.780 voti, uno in più di quelli che abbiamo, perché siamo noi ad aver vinto nello Stato”, esordisce Trump nella telefonata, durata almeno un’ora e pubblicata integralmente dalla “CNN”, in cui il Presidente insiste perché Raffensperger accolga l’idea che migliaia di voti gli sono stati rubati o espressi illegalmente, con schede distrutte o attribuite a persone decedute o consegnate a elettori residenti al di fuori dello Stato. Il segretario di Stato ci prova, dicendo al presidente che le informazioni di cui la Casa Bianca è in possesso sono false: tutto in Georgia si è svolto secondo le regole.
Trump è affiancato nella telefonata dal capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows e da diversi avvocati, e la registrazione – precisano i media - ricorda il tipo di comportamento coercitivo e corrotto che ha trascinato Trump verso la richiesta di all’impeachment per una telefonata con il presidente dell’Ucraina in cui prometteva aiuti e dollari in cambio di un’inchiesta su Hunter, il figlio di Biden.
“Come minimo si tratta di un abuso di potere presidenziale che in un tempo normale avrebbe portato direttamente all’impeachment”, commenta lo storico presidenziale Timothy Naftali. Per John Dean, un ex consulente legale della Casa Bianca nello scandalo Watergate, Trump è “al limite dell’estorsione”, mentre per il consulente legale senior di Biden, Bob Bauer, “il nastro fornisce la prova inconfutabile di un presidente che esercita pressioni e minaccia un funzionario del suo stesso partito per fargli revocare il conteggio e certificarne uno falso a suo favore. Non fa che riassumere l’intera, vergognosa storia dell’assalto di Donald Trump alla democrazia americana”.
Il caso ha di nuovo acceso i riflettori sui repubblicani, costretti ancora una volta a decidere se sostenere il flagrante tentativo di Trump di rovesciare lo stato di diritto in Georgia. Ma il tentativo di corruzione cancella ogni dubbio che il Presidente stia ancora cercando di rubare le elezioni e questo rende più difficile per i repubblicani sostenerlo fino in fondo. La prova si avrà mercoledì 6 gennaio, quando la sfida di Capitol Hill non è che l’ultimo di una lunga lista di sforzi per placare un presidente senza catene e senza legge che minaccia chiunque provi a ostacolarlo.