Alla fine, anche il più fedele degli uomini vicini a Trump è costretto alla resa: Mike Pence, il vice presidente che presiede la sessione plenaria di Capitol Hill, secondo Donald ultimo baluardo possibile per scongiurare la vittoria di Biden, è costretto alla resa. Chiamato pubblicamente in causa da Trump, Pence risponde di non avere l’autorità e neanche i poteri per fermare la certificazione della vittoria di Joe Biden.
Nel suo modo spiccio e crudo, Trump aveva alzato la pressione attorno a Pence, avvertendolo che per lui sarebbe stato politicamente “dannoso” rifiutarsi di bloccare la certificazione.
Ma Mike, l’uomo che da 4 anni si è spesso trovato nella posizione imbarazzante di ago della bilancia di fronte alle strampalate decisioni di Trump, ha gentilmente informato il presidente che secondo la legge nessuno ha il potere di far deragliare il processo.
La minaccia è un’altra rivelazione giornalistica, questa volta del “New York Times”, che fa rumore e piomba sul fondamentale ballottaggio in Georgia. E come sempre, Trump non ha perso tempo bollando come “fake news” qualsiasi notizia che lo riguardi: “Il rapporto del New York Times sui commenti che il Vice Presidente Pence mi avrebbe fatto oggi è una notizia falsa. Non l’ha mai detto: siamo assolutamente d’accordo sul fatto che il Vice Presidente abbia il potere di agire”.
In realtà, secondo fonti interne alla Casa Bianca, Trump sarebbe furioso con Pence, che pare intenzionato a esprimere il proprio dissenso alla certificazione della vittoria di Biden, pur ammettendo di “non avere il potere costituzionale per fare certe cose”.
Trump ha ripetutamente spinto il suo vice a ritardare o ostacolare quanto più possibile la certificazione dell’Electoral College, l’ultima prova di lealtà al culmine dei suoi quattro anni alla Casa Bianca.
Nella notte italiana, il candidato dem Raphael Warnock avrebbe rivendicato la vittoria di uno dei due ballottaggi in Georgia che tengono con il fiato sospeso la futura amministrazione Biden. Quando le schede scrutinate avevano raggiunto il 97%, Warnock era in vantaggio – anche se risicato – nei confronti della senatrice uscente Kelly Loeffler: 50,4% contro il 49,6%. Se il risultato fosse confermato, il reverendo Warnock sarebbe il secondo afroamericano a vincere un seggio nel Deep South dal 1877. Nel discorso in cui ha rivendicato la vittoria, Warnock ha ringraziato la madre 82enne per la ferrea decisione di andare alle urne e dare al figlio il proprio voto: “Le mani che ha usato in gioventù per raccogliere tabacco e cotone sono le stesse con cui ha voluto votare perché il suo figlio più giovane diventasse senatore degli Stati Uniti d’America”.