Dopo 16 anni di moratoria, un comunicato del Dipartimento della Giustizia americano ha annunciato la ripresa delle esecuzioni capitali. William Barr, il ministro della giustizia dell’amministrazione Trump, ha chiesto di programmare l’esecuzione di cinque detenuti condannati a morte per omicidio, detenuti in una prigione federale dell’Indiana e ormai impossibilitati a ricorrere in appello. “Il Congresso ha espressamente autorizzato la pena di morte attraverso la legislazione adottata dai rappresentanti del popolo in entrambe le camere del Congresso e firmata dal presidente - ha commentato Barr - dobbiamo alle vittime e alle loro famiglie l’esecuzione delle sentenze imposte dal nostro sistema giudiziario”. Per la difficoltà di numerosi Stati di reperire i farmaci, il dipartimento ha anche reso noto di aver adottato un nuovo protocollo di iniezione letale: dal mix di tre farmaci all’uso del solo “Pentobarbital”.
Una decisione che spiazza l’opinione pubblica americana, secondo un recente sondaggio ormai per massima parte contraria alla pena di morte: nel 1994 i favorevoli erano l’84%, oggi sono scesi al 56. In più, sono ormai 21 gli Stati americani che hanno scelto l’abolizione della pena di morte, l’ultimo il New Hampshire, mentre diversi candidati alle primarie Dem per le presidenziali del 2020 hanno nei loro programmi l’abolizione su scala nazionale della pena capitale. Trump stesso non ha mai nascosto critiche ai governatori che sospendevano le esecuzioni capitali: era successo con la California di Gavin Newsom, e anche con aspre critiche verso la decisione di sospendere la pena di morte a Sayfullo Saipov, colpevole di un attentato a New York.
Attualmente, sono 62 i condannati rinchiusi nelle galere americani: la prima è fissata per il prossimo 9 dicembre. L’ultima era stata eseguita nel 2003.