Di Marco Belletti
Secondo recenti calcoli basati sull’osservazione di una galassia (MACS1149-JD1) che dista da noi circa 13,28 miliardi di anni luce, un gruppo internazionale di astronomi – coordinati dallo University College di Londra e dall’università Sangyo di Osaka – ha stabilito che quella, più o meno, dovrebbe essere l’età dell’universo. In realtà, il big bang dovrebbe essere avvenuto circa 500 milioni di anni prima, ma forse non è il caso di badare a queste sottigliezze. Quello che sembra certo è che lo spazio appena nato non era vuoto, ma esistevano già galassie e soprattutto erano presenti fonti di ossigeno.Il fatto che già all’epoca esistessero sistemi stellari non è sorprendente. È invece molto più singolare la scoperta, all'interno di MACS1149-JD1, di tracce di ossigeno, elemento rilasciato nelle nubi di gas intergalattico quando le stelle muoiono.
Siccome osservare oggi l’ammasso di stelle MACS1149-JD1 equivale viaggiare indietro nel tempo fino a quando l’universo aveva appena 500 milioni di anni di vita, è possibile affermare che a quell’epoca una generazione di stelle si era precedentemente formata ed era già anche morta. La luminosità rilevata della MACS1149-JD1 fa ritenere agli astronomi che sia esistito un gruppo di astri formati quando l’universo aveva circa 250 milioni di anni.
Nella teoria cosmologica del big bang esiste un momento in cui l’enorme massa di idrogeno neutro, che permea l’universo primordiale nei suoi primi milioni di anni di vita, svanisce permettendo alla luce di filtrare attraverso questa sorta di nebbia e permette di osservare i corpi celesti, in un fenomeno chiamato reionizzazione che, secondo gli scienziati, avvenne per il raffreddamento dell’universo tra 250 e 379 milioni di anni dopo il big bang. Lo spazio opaco divenne sempre più trasparente mentre elettroni e protoni si univano per formare atomi neutri di idrogeno. Ciò spinge gli astronomi a ritenere in futuro sarà possibile dimostrare l’esistenza di galassie in epoche ancora precedenti a quelle che riusciamo a osservare direttamente.
Gli astronomi ritengono che la Via Lattea – pur avendo al suo interno stelle (come HD 140283) con un’età stimata di circa 13,6 miliardi di anni, non molto diversa da quella dell’universo stesso –dovrebbe avere un’età compresa tra 6,5 e 10,1 miliardi di anni. E prima che nella nostra galassia nascesse il Sole sono passati almeno un altro paio di miliardi di anni. Infatti, la nostra stella dovrebbe essersi formata circa 4,57 miliardi di anni fa e roteando nello spazio attirò polveri e gas che assunsero la forma di un disco appiattito. L’aumento della pressione e delle temperature scatenarono violente reazioni nucleari che portarono alla nascita del Sole, al centro di un sistema formato di polveri, gas e materiale che galleggiava nello spazio e che nell’arco di centinaia di milioni di anni – sotto l’effetto del vento solare e della forza di gravità – continuò a roteare intorno alla nuova stella fino a formare i planetesimi che iniziarono a loro volta a esercitare una forza di gravità dando vita a pianeti, asteroidi e comete.
Più o meno 4,54 miliardi di anni fa si formò così la Terra che abbastanza rapidamente – ovviamente considerando la scala dei tempi astronomici – si trasformò da aggregazione di elementi a vero pianeta. Nella sua vita, la Terra si è sempre costantemente evoluta e trasformata, ma alcuni anni fa i geologi identificarono un periodo lungo circa un miliardo di anni in cui sul nostro pianeta poco o nulla di interessante è successo per quanto riguarda l’evoluzione biologica, il cambiamento climatico, le variazioni chimiche di oceani e atmosfera. A un primo esame, la Terra sembrava essere rimasta bloccata in una sorta di stasi per tutti quegli anni e gli scienziati soprannominarono questo periodo il “noioso miliardo”. Lo scienziato Roger Buick nel 1995 affermò che “mai nel corso della storia della Terra è successo così tanto poco per così tanto tempo”. Il miliardo noioso è posizionato tra 1.800 e 800 milioni di anni fa, nel precambriano, ma nuove prove stanno facendo cambiare opinione agli studiosi, che iniziano a ritenerlo un periodo molto più dinamico di quanto finora ipotizzato.
Simon Poulton – docente di biogeochimica e storie della Terra all’università di Leeds – ha descritto quegli anni in un lungo articolo su The Conversation, la rivista on line che diffonde articoli redatti da docenti delle più importanti università mondiali.
La Terra, afferma Poulton, era probabilmente un po’ più calda di oggi ma nelle rocce dell’epoca non ci sono prove di cambiamenti climatici significativi. Nell’atmosfera c’era molto meno ossigeno così come nell’unico oceano terrestre: le acque pertanto erano stagnanti e inospitali, ricche di ferro o di tossico e puzzolente idrogeno solforato. Erano già diffuse le prime cellule viventi con un nucleo (i procarioti) ma nulla faceva presagire un’evoluzione biologica significativa.
Don Canfield docente dell’università della Danimarca meridionale iniziò a descrivere con immagini evocative quell’epoca lontana nel tempo, attirando l’attenzione di molti giovani scienziati, come lo stesso Poulton. I due studiosi hanno iniziato a lavorare insieme analizzando alcune rocce di 1,8 miliardi di anni d’età nei pressi del lago Superiore e già da subito è emerso che i livelli di ossigeno non erano affatto statici durante il “noioso miliardo”, anzi erano presenti chiare prove di fasi con aumento della sua quantità. Questi periodi coincidevano con momenti in cui aumentavano le dimensioni delle alghe, fornendo elementi importanti per comprendere l’evoluzione biologica sulla Terra, milioni di anni prima del Cambriano e della sua ricca fauna acquatica, fatta di brachiopodi, meduse, onicofori, spugne e trilobiti da cui finora si pensava fosse originata la vita attuale.
Le attività di ricerca e di studio sono appena iniziate ma agli studiosi sembra chiaro che le rocce dell’epoca nascondono ancora molti segreti da scoprire e analizzare. Probabilmente tra una decina di anni non si parlerà più di noioso miliardo ma, forse, dell’era in cui la vita è effettivamente iniziata sulla Terra.