La denuncia è stata lanciata da “Survival International”, un’organizzazione che si batte per la tutela delle ultime tribù indigene che ancora vivono in quel che resta delle foreste: il territorio degli Yanomami, nel nord Brasile, è gravemente minacciato dalla presenza di oltre 10mila cercatori d’oro che hanno invaso le loro terre, portando devastazione, rifiuti e soprattutto malattie per loro letali. Finora, continua l’organizzazione, quattro bambini sono morti per malanni che in altre parti del mondo non rappresentano più un pericolo, ma per loro sì. È un’esperienza che la tribù ha già vissuto fra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei Novanta, quando il 20% della popolazione indigena morì per le malattie portate dai cercatori d’oro.
Gli Yanomani sono una delle più popolese etnie brasiliane, vivono nella zona forestale compresa fra l’Orinoco e il Rio delle Amazzoni, e malgrado una larga parte della popolazione sia ormai integrata nella società brasiliana, 35mila persone divise in tribù hanno scelto una vita incontaminata, senza alcun contatto con il resto del mondo.
Sotto accusa per l’invasione dei cercatori d’oro c’è la politica del presidente Bolsonaro, accusato di aver dichiarato guerra agli Yanomami negando loro ogni diritto. Ad alzare la voce sono state diverse associazioni che raccolgono indigeni che hanno scelto di lasciare le foreste, ma sono ancora legati alle loro origini: la presenza degli intrusi è devastante per la caccia e la pesca, le uniche fonti di sussistenza delle tribù. Bolsonaro non solo avrebbe concesso le autorizzazioni alla ricerca, ma ha anche autorizzato la nascita di insediamenti e la costruzione di piste di atterraggio.
Davi Kopenawa, detto il “Dalai Lama della foresta”, continua a ripetere che “La situazione sta peggiorando molto velocemente: quattro corsi d’acqua sono inquinati, e ogni settimana si aggiungono centinaia di minatori che non portano nulla di buono, solo problemi”. Gli fa eco Stephen Corry, direttore di Survival International: “Sono le tragiche conseguenze del razzismo di Bolsonaro, che è molto felice se qualcuno riduce in modo drastico e al posto suo la popolazione delle tribù amazzoniche. Solo la mobilitazione dell’opinione pubblica mondiale può fermarlo”.