Brucia da giorni, settimane, mesi: dall’inizio del 2019 si contano 74.155 roghi fra piccoli e grandi – contro i 40mila dello scorso anno - che stanno mettendo a rischio l’Amazzonia, uno degli ultimi polmoni verdi del mondo, 7 milioni km quadrati di un’immensa foresta pluviale per oltre la metà ospitata nel territorio brasiliano. Un vero paradiso di biodiversità in cui vivono 2,5 milioni di specie di insetti, 3mila di pesci, 1300 di uccelli, 427 specie di anfibi, 378 di rettili e 60mila piante diverse. E sta andando a fuoco irrimediabilmente, senza che nessuno riesca a fermare una distruzione che potrebbe costare molto cara al pianeta, visto l’Amazzonia produce il 20% dell’ossigeno dell’atmosfera e assorbe ogni anno 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.
L’intensità degli ultimi roghi, avvertono gli esperti, non ha precedenti, e per capire la vastità del fronte basta forse un esempio: a metà pomeriggio di ieri, la città di San Paolo è stata coperta dalla nube scura prodotta dai roghi. Nulla sarebbe, se San Paolo non si trovasse a 2.700 km dal fronte del fuoco.
A lanciare l’allarme mesi fa era stato Ricardo Galvao, direttore dell’Inpe (Insituto Nacional del Pesquisas Espacias): una presa di posizione che ha innervosito il presidente Bolsonaro, lesto a licenziarlo con l’accusa di diffondere “fake news” e girare la colpa degli incendi alle Ong, che agirebbero per vendetta contro il taglio dei fondi. In realtà sono molti a puntare il dito contro il presidente in carica dallo scorso gennaio, considerato il “Trump del Sudamerica” per una politica sprezzante e populista, che non ha mai nascosto di tifare per la deforestazione e non credere alle teorie sul cambiamento climatico. Fin dalla sua campagna elettorale, Bolsonaro ha dichiarato di ritenere l’Amazzonia un patrimonio da sfruttare senza pietà per rilanciare l’economia brasiliana, e non ha esitato a concedere autorizzazioni per la deforestazione selvaggia, aumentata del 278% rispetto allo scorso anno, per quasi 1500 kmq disboscati.
Dati alla mano, soltanto lo scorso mese di luglio 2.253 km quadrati di foresta sono andati in fumo, e sui social si moltiplicano le proteste e i gruppi spontanei che chiedono una mobilitazione generale per salvare le foreste amazzoniche dalla distruzione.