Il traffico di cocaina dal Venezuela agli Stati Uniti è in forte aumento, anche se il paese è allo sbando: secondo i funzionari statunitensi, l’élite militare e politica venezuelana sta facilitando il traffico di droga dentro e fuori i confini del paese utilizzando centinaia di piccoli aerei da turismo.
È quanto riferisce un’inchiesta della “CNN” durata alcuni mesi, che è riuscita a tracciare la rotta della cocaina partendo dalle zone agricole, dove è stato rilevato un aumento del 50% di voli sospetti: una vera escalation che è passata da circa due voli settimana i nel 2017 alla cadenza quasi quotidiana dello scorso anno. Mentre la copertura tecnologica statunitense ha contribuito a ridurre quasi a zero il numero di voli illegali in uscita dal territorio colombiano, i trafficanti hanno trovato una facile alternativa appena oltre il confine venezuelano.
Gli aerei carichi di cocaina partono dalle più remote regioni venezuelane, nella giungla meridionale, ma per ridurre il tempo di volo fanno tappa nel nord prima di ripartire con destinazione Stati Uniti. Volano con i transponder spenti, per evitare di essere identificati dai sistemi radar, e per la quasi totalità mostrano segni e numeri identificativi americani: sono stati acquistati ad aste di fallimenti da società off-shore.
Secondo i funzionari americani si tratta di un sistema molto redditizio per il governo venezuelano: “I trafficanti sfruttano sempre più spesso la complicità delle autorità venezuelane, e più recentemente il vuoto di potere che si è creato”.
Ogni spedizione di cocaina dal Sud America è talmente lucrativa da potersi permettere di usare gli aerei per un solo viaggio, per poi essere distrutti all’arrivo. Una parte considerevole dei profitti va ai paesi attraverso i quali passa la droga, dalle giungle della Colombia attraverso il Venezuela, e spesso fino alle coste dell’Honduras. Secondo una ricostruzione effettuata dai funzionari americani, la maggior parte dei voli partirebbe da una cinquantina di piste segrete nella regione di Zulia, nella parte nord-occidentale del Venezuela, per fare rotta verso i Caraibi e deviare bruscamente a ovest, verso le remote terre agricole del Guatemala, sulla costa honduregna, e alcuni zone degli stessi Caraibi. Una volta all’interno dei confini venezuelani, la droga passa indisturbata attraverso i posti di controllo militari e addirittura scortata da disertori dell’esercito venezuelano. Da lì, la droga viene spedita fino al Messico per poi invadere le città americane.
Un funzionario americano ha stimato che nel solo 2018, 240 tonnellate di cocaina hanno attraversato il Venezuela partendo dalla Colombia, e la stima è per difetto. Tanta cocaina colombiana pura, se tagliata e distribuita, potrebbe raggiungere i 39 miliardi di dollari venduta sulle strade degli Stati Uniti, secondo una stima dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga.
I funzionari statunitensi hanno recentemente espresso preoccupazione per la minaccia del Presidente Donald Trump di sospendere gli aiuti a Honduras, Guatemala ed El Salvador, decisione che potrebbe creare un preoccupante effetto “via libera” tra i trafficanti, poiché gli aiuti statunitensi a questi tre paesi dell’America centrale sono specificamente mirati alla lotta al commercio della cocaina.
Per anni, gli Stati Uniti hanno accusato di traffico di droga funzionari venezuelani di alto livello. L’odierna accelerazione del traffico è un chiaro sintomo dell’urgente necessità di denaro contante all’interno dell’economia venezuelana, in iperinflazione, e anche della corruzione dilagante tra gli alti funzionari del governo di Nicolas Maduro. I funzionari colombiani, che raramente vengono citati nei verbali di indagini, affermano che il traffico di droga ha recentemente coinvolto anche il gruppo di guerriglia della sinistra colombiana “ELN” che agisce al fianco dell’esercito del Maduro.
Nel 2017, l’ex vicepresidente Tareck El-Aissami è stato accusato dal Tesoro americano per aver supervisionato e incoraggiato “diverse spedizioni di stupefacenti dal Venezuela, ognuna valutata in oltre 1.000 kg”. A marzo, El-Aissami, ora ministro dell’industria, è stato incriminato a New York per aver facilitato con ogni mezzo il traffico di droga. Vale lo stesso per Diosdado Cabello, leader dell’Assemblea Nazionale Costituente del Venezuela e uomo fidato del presidente Maduro, incriminato nel maggio 2018 per essere “direttamente coinvolto in attività di traffico di stupefacenti”. Cabello ha replicato che non esistono prove del suo coinvolgimento, liquidando le accuse nei suoi confronti come l’ennesima congiura americana: “Se ci sono politici perseguitati, questi sono i politici venezuelani”.
Ma non sono i soli: molti alti funzionari del paese sudamericano hanno affrontato accuse simili, tutte fermamente respinte dal governo venezuelano senza alcun commento o tentativo di spiegazione.
Secondo gli esperti, la corsa verso il denaro contante del Venezuela, resa impellente dell’iperinflazione causata dalla cattiva gestione economica, ha portato anche ad un aumento dei rischi dei piloti, molti assoldati da linee aeree commerciali grazie a compensi stratosferici. “In base ad alcuni rapporti, almeno trenta aerei sono caduti negli ultimi tre mesi”, ha confidato un funzionario americano.
Gli ufficiali honduregni hanno raccontato che i trafficanti sono riusciti a raggiungere un accordo con i pescatori locali su come recuperare la cocaina perduta in incidenti o intercettazioni da parte delle forze dell’ordine: se un contrabbandiere teme di essere catturato getta la cocaina in mare collegata a un dispositivo di galleggiamento. Si tratta di pacchi del peso di circa 30 kg che se riconsegnati ai cartelli fruttano ai pescatori ognuno 150.000 dollari.
Un traffico che non ha nulla a che vedere con le questioni politiche, con la Colombia che sul piano internazionale ha ufficialmente riconosciuto Juan Guaidó.