Antonio Santoro, 52 anni, comandante della Casa Circondariale di Udine, ucciso il 6 giugno 1978. Andrea Campagna, 25 anni, agente della Digos milanese, ucciso il 19 aprile 1979 in un agguato sotto l’abitazione della fidanzata. Sono due omicidi ammessi qualche ora fa da Cesare Battisti, l’ex terrorista dei Pac arrestato lo scorso gennaio dopo quasi quarant’anni di latitanza in Sudamerica. Davanti al pm di Milano Alberto Nobili e al dirigente antiterrorismo della Digos Cristina Villa, assistito dal suo avvocato Davide Staccanella, al termine di un interrogatorio fiume nel carcere di Oristano durato più di nove ore, Battisti ha ammesso per la prima volta di essere l’esecutore materiale degli omicidi dei due agenti e di essere stato nel gruppo di copertura armata per i delitti del macellaio Lino Sabbadin e del gioielliere Pierluigi Torregiani, ambedue freddati nel febbraio del 1979 dai Pac. Oltre ai quattro omicidi che gli sono sempre stati contestati, tre ferimenti e “una marea di rapine e furti per autofinanziamento”.
“L’ammissione di Battisti fa giustizia delle polemiche di questi anni, rende onore alle forze dell’ordine e fa chiarezza su un gruppo come i Proletari Armati per il Terrorismo, che ha agito alla fine degli anni ’70 in modo efferato”, ha commentato il procuratore di Milano Francesco Greco nel corso di una conferenza stampa. “La confessione non è da intendersi come una collaborazione di giustizia ma di ammissioni di colpevolezza da parte di un uomo che si è dato alla latitanza e ha mentito per 37 anni dicendo di essere un perseguitato politico completamente innocente ed estraneo ai fatti”, ha invece precisato il pm Nobili.
“Mi rendo conto del male che ho fatto e chiedo scusa ai familiari delle vittime - ha aggiunto Battisti - la lotta armata ha impedito uno sviluppo culturale, sociale e politico nato nel ‘68”.