Dopo 54 giorni di udienze, si è chiuso a Parigi il processo del tribunale speciale per gli attentati avvenuti fra il 7 ed il 9 gennaio 2015 al settimanale satirico “Charlie Hebdo” e all’Hyper Casher. In aula 11 imputati, per sei dei quali l’accusa da terrorismo è stata declassata ad associazione a delinquere: Said Makhlouf (8 anni), Mohamed Fares (8), Abdelaziz Abbad (10), Metin Karasular (8), Miguel Martinez (8) e Christophe Raumel (4). Pene più pesanti per Neza Pastor Alwatick (18 anni), Amar Ramdani (20) e Willy Prevost (13).
Un caso a parte quello di Ali Riza Polat, colpevole di “complicità” con i killer, i fratelli Kouachi e Amédy Coulibaly, condannato a 30 anni: franco-turco 35enne, Polat è cresciuto nelle banlieue parigine e avrebbe aiutato i tre a procurarsi armi ed esplosivi, oltre a pianificare la strage.
Condannata a trent’anni Hyat Boumeddiene, compagna di Coulibaly fuggita in Siria poco prima dell’attentato e tutt’ora latitante. Alla donna è stato attribuito un ruolo “fondamentale” nella pianificazione delle due azioni. Ergastolo per i Mohammed Belhoucine e al contrario estinzione per suo fratello Mehdi, che si ritiene sia morto in Siria.
Iniziato tre mesi fa e funestato da due attacchi terroristici, il primo l’accoltellamento di due persone a poca distanza dalla vecchia sede di Charlie Hebdo, il secondo l’orrenda decapitazione del professor Samuel Paty, colpevole di aver mostrato ai suoi allievi le vignette di Maometto, il processo ha costretto parenti delle vittime a rivivere attraverso le testimonianze di 150 persone e immagini i terribili giorni del gennaio di cinque anni fa, quando Parigi fu costretta a contare 17 morti. Era il primo attacco nel cuore dell’Europa rivendicato dallo Stato islamico, che alla fine dello stesso anno dopo sarebbe tornato a colpire a Parigi in modo ancora più pesante.