Tobias Rathjen, 43 anni, noto per le posizioni vicine alla destra estrema: è lui il killer di Hanau, la città tedesca travolta da una notte di terrore costata la vita a 11 persone, compreso il killer.
Rathjen, al termine di una caccia all’uomo serratissima, con buona parte della città in lockdown, elicotteri in cielo e squadre antiterrorismo in azione, è stato trovato senza vita nel suo appartamento, individuato pare grazie ad alcuni testimoni, accanto al corpo di un’altra persona, identificata come la madre.
Secondo alcune indiscrezioni pubblicate da “Bild”, il killer avrebbe lasciato un messaggio in cui rivendica il massacro sostenendo la necessità di “vernichten”, l’annientamento di popoli ed etnie “che per legge non si possono più espellere dalla Germania”. Rathjen punta anche il dito contro gli Stati Uniti, che sarebbero “controllati da società segrete”, parlando di “basi militari sotterranee segrete dove si venera il diavolo, si torturano e si violentano i bambini”. Secondo gli inquirenti un mix esplosivo di follia e razzismo in un soggetto che in base agli elementi raccolti finora – come l’aver usato la propria auto - tende ad escludere si trattasse di un terrorista “professionista”.
Le due fasi dell’attacco sono state ricostruite anche grazie alla testimonianza di diverse persone: la prima decina di colpi è stata esplosa all’esterno del “Midnight”, un shisha-bar nel centro cittadino. Diversi testimoni hanno parlato di almeno un corpo a terra. Subito dopo, a bordo di un’auto, l’assalitore si è diretto verso il quartiere di Kesselstadt, nella zona periferica, entrando all’interno dell’Arena Bar & Cafè, un altro bar dove si fuma il narghilè. Per qualche ora si era diffusa la voce di una terza sparatoria nella zona di Lamboy, ma non è stata confermata.