Un video della durata di 59 secondi pubblicato da “al Nabaa”, agenzia di stampa collegata all’Isis, mostra otto uomini che stringono la mano e si impegnano ad aderire “Califfato dei musulmani”. Stavano per lanciare gli ormai tristemente noti attacchi nello Sri Lanka, un’atrocità che ha tolto la vita a più di 250 persone, ma che vale anche come una minaccia: l’Isis è ancora attivo.
C’è ancora molto da capire sull’organizzazione degli attentati nello Sri Lanka, ma gli esperti di antiterrorismo sono uniti su un punto: i piccoli gruppi islamisti dell’isola non avrebbero potuto compiere un attacco così complesso senza un aiuto esterno. L’analista dell’antiterrorismo Bruce Hoffman del “Council on Foreign Relations” ne è certo: “gli attacchi di domenica scorsa sono stati un salto di qualità in termini di capacità organizzative e logistiche”. Un’affermazione che solleva diverse domande: l’Isis sta esportando con successo l’esperienza accumulata nella fabbricazione di bombe, nella raccolta di fondi e nel reclutamento? Dove trova terreno fertile? E fino a che punto è in grado di organizzare e dirigere attacchi terroristici?
Molti militanti sono riusciti a fuggire da Mosul, Raqqa e Baghouz, nel nord della Siria, l’ultima roccaforte dell’Isis: secondo l’intelligence britannica, si parla di almeno 5.000 combattenti che stanno iniziando una nuova fase della strategia del terrore: a gennaio, una cellula dormiente è stata in grado di compiere un attentato suicida a Manbij, nel nord della Siria, che ha ucciso almeno 14 persone, tra cui quattro americani, e la settimana scorsa i combattenti hanno dato il via ad un attacco a sorpresa contro al Kawm, vicino a Palmyra.
“Non sappiamo con certezza quanti miliziani siano morti nell’offensiva che ha messo l’Isis alle corde - dice Edmund Fitton-Brown, coordinatore del gruppo di monitoraggio ISIS/Al-Qaeda/Taliban alle Nazioni Unite - ma possiamo supporre che almeno il 50% di loro sia ancora vivo. Forse di più”.
Fonti di intelligence dicono che alcuni di loro sono fuggiti nella provincia pakistana del Balochistan e in Afghanistan passando indisturbati attraverso l’Iran: si teme che il califfato veda nell’India un territorio promettente per aggravare le tensioni musulmano-induiste, ma la minaccia riguarda anche Indonesia, Malaysia, Egitto, Egitto, Arabia Saudita e Giordania, dove sono tornati molti combattenti.
E oltre ai sopravvissuti del califfato, ci sono molti simpatizzanti dell’Isis sostenuti da predicatori estremisti e radicali: il crollo militare del califfato può aver diminuito l’appeal rappresentato dall’Isis, ma malgrado Trump si vanti di averlo annientato, il fuoco non è spento. La leadership del califfato si è preparata a lungo per questa nuova fase della sua esistenza: prima di essere ucciso da un drone, il portavoce dell’Isis Abu Mohammed al-Adnani era stato profetico, dichiarando che perdita di territorio non avrebbe segnato la fine del califfato.
La leadership dell’Isis è stata annientata, la comunicazione e la pianificazione sono state interrotte, ma il loro messaggio d’odio è ancora presente e c’è da aspettarsi che gli attacchi come quello in Sri Lanka diventino la nuova cifra del terrore. “Si tratta di individui arrabbiati e radicalizzati che rispondono a ordini online: alcuni aderiranno all’ideologia dell’Isis, altri ad al Qaeda. E in alcuni luoghi, come il Sahel in Nord Africa, ci sono segni di una stretta cooperazione tra i due gruppi. Per molti versi una struttura decentrata è più difficile da affrontare rispetto ad una altamente centralizzata: annientarla ha meno effetto”.
Dove l’Isis continua ad avere forti vantaggi è con il denaro: le stime delle attività sono scesa da 300 a 50 milioni di dollari, ma individuarli è difficile: sono stati investiti in attività commerciali legali in tutto l’Occidente, riciclati attraverso banche e istituti di credito e letteralmente nascosti ad arte.
Una domanda fondamentale sugli attacchi dello Sri Lanka è come sono stati finanziati: si stima che l’operazione sia costata tra i 30 e i 40.000 dollari. Allo stesso modo, dopo l’attacco a Riyadh di una settimana fa, le autorità saudite hanno fatto irruzione in un complesso agricolo la cui costruzione sarebbe costata quasi 200mila dollari: all’interno sono stati ritrovati armi e soldi. Tanti.
Nei decenni passati, il terrorismo tendeva ad essere locale o nazionale. Nel 1998, al Qaeda si è annunciata sulla scena mondiale con attacchi in Africa orientale, seguiti, tre anni dopo, da quelli dell’11 settembre: il mondo entrava nell’era della jihad internazionale. Da allora, la portata globale del terrorismo è stata alimentata dalla radicalizzazione online, dalla messaggistica criptata e dalla facilità dei viaggi internazionali.
Questo è l’ambiente in cui prospera l’Isis. Gli attacchi di Parigi del 2015, ad esempio, sono stati progettati per alimentare il sentimento anti-musulmano, e ovunque colpiscano sperano che si accenda l’odio religioso. “Dobbiamo ancora vivere con una minaccia che sarà molto presente e per lungo tempo: il mondo è diventato questo”.