di Marco Belletti
Uno strumento che deve rimanere libero e aperto, che rispetta i dati delle persone e ne tutela la sicurezza e il benessere. Questa frase potrebbe riferirsi a molte cose, ma certamente non a internet: eppure è proprio così che l’informatico britannico Sir Timothy John Berners-Lee immagina che sia la rete, di cui è il creatore.
Tim Berners-Lee il 12 marzo 1989 fece arrivare sulla scrivania del suo capo Mike Sendall (entrambi lavoravano al CERN di Ginevra) un plico di fogli su cui il trentatreenne ingegnere informatico illustrava la sua proposta per gestire le informazioni contenute su computer diversi. Berners-Lee inventò il nome “World Wide Web” (www), il primo server (httpd) e nell’ottobre 1990 il primo browser. Inoltre si deve a lui la prima versione del linguaggio di formattazione di documenti con capacità di collegamenti ipertestuali, che oggi tutti conosciamo come HTML. E come se non bastasse, il 6 agosto 1991 pubblicò presso il CERN il primo sito web al mondo.
Per questa invenzione, l’ingegnere londinese ha ricevuto numerosi prestigiosi riconoscimenti, tra cui nel luglio 2004 l’onorificenza di Knight Commander of the British Empire dalla regina Elisabetta II d’Inghilterra (acquisendo quindi il titolo di Sir) e nell’aprile 2017 il premio dell’Association for Computing Machinery in quanto il www “è considerata una delle innovazioni informatiche più influenti della storia, usata da miliardi di persone ogni giorno come lo strumento principale per comunicare, informarsi, commerciare e numerose altre attività”.
Pertanto nessuno come Berners-Lee conosce la rete e può quindi esprimere le proprie opinioni in merito. In realtà è già da una decina d’anni che esprime concetti come diritto all’accesso al web e a non essere spiati: ha più volte affermato che secondo lui internet dovrà restare per sempre gratis, aperto e neutrale, dovrà essere utilizzato senza paura e con la consapevolezza che è utile per migliorare la vita di tutti, sia dal punto di vista culturale sia economico. Per Berners-Lee i governi dovrebbero usare il web in modo trasparente in quanto aumenta l'efficienza e l’accessibilità ai dati.
Dopo aver espresso queste opinioni in numerose occasioni, ora Berners-Lee ha redatto un vero e proprio “manifesto”, scrivendo una lettera aperta in cui mette a fuoco quelli che per lui sono le peggiori minacce dell’ecosistema digitale e dell’intera nostra società.
Innanzitutto gli attacchi da parte di organizzazioni criminali e governi autoritari che minacciano la sicurezza di infrastrutture importanti, agendo con atti di pirateria informatica, cercando subdolamente di influenzare le dinamiche democratiche.
Inoltre, i modelli di business basati sullo sfruttamento ipocrita di interesse, attenzione ed emozioni: secondo Berners-Lee inquinano l’ecosistema dell’informazione con notizie inventate e amplificate ad arte solo per avere un numero maggiore di visualizzazioni o condivisioni, il tutto a discapito di qualità e obiettività.
Infine, gli effetti collaterali non previsti di piattaforme online e social network, che incrementano discussioni non corrette, aumentando tensione e violenze, con ricadute non solo online ma anche sulla vita di tutti i giorni.
Il fatto che ormai quasi 4 miliardi di persone – cioè poco meno di metà della popolazione mondiale – acceda a internet, deve spingere a superare questa divisione digitale tra chi usa il web e chi non ne ha la possibilità, in quanto in termini di potere e opportunità sarebbe devastante non impegnarsi per avere una rete che sia davvero un punto di contatto comune per tutti che promuova libertà e uguaglianza, non odio e violenza.
Dopo aver fatto queste considerazioni, Berners-Lee propone una sorta di patto per il web con alcuni impegni da prendere. In prima battuta gli Stati dovrebbero garantire a tutti i cittadini un accesso libero e senza censure a internet, ovviamente rispettando i diritti individuali alla privacy e alla sicurezza.
Quindi le aziende avrebbero il compito di utilizzare i dati personali in modo appropriato, non cercando il profitto a breve termine ma creando strumenti che aiutino tutti a migliorare.
Per ultimi gli individui dovrebbero utilizzare la rete e occuparne gli spazi a disposizione in modo consapevole e responsabile, ma al contempo esigendo che Stati e aziende garantiscano una rete libera e neutrale.
La paura di Berners-Lee è che il web possa ritrovarsi in una “rivoluzione sociale” che ne stravolga il senso originario con cui l’aveva pensato. L’esempio fatto dall’ormai 63enne informatico riguarda il sistema finanziario, che un giorno funziona bene e quello successivo va in crash. Per evitare che questo accada anche al web il suo suggerimento e di decentralizzarlo, controllare la privacy e non usare in modo scorretto i dati: in poche parole, trovare il modo per liberare uno strumento di condivisione democratico e potente come internet dalle grinfie dei giganti tecnologici, degli Stati autoritari, delle associazione malavitose che ne stravolgono lo spirito per i propri interessi, il più delle volte loschi.
Per salvare la “sua” creatura, Berners-Lee non sta certo con le mani in mano, anzi sta lavorando su due programmi. Il primo è un progetto di web decentralizzato in fase di sviluppo al MIT di Boston: gli utenti avranno la libertà di scegliere dove far conservare i propri dati e chi ne abbia accesso.
Il secondo programma è la realizzazione pratica del manifesto che ha ideato, spingendo governi, grandi aziende e individui a capire che devono attivarsi per migliorare il web, diventandone responsabili.
Per Berners-Lee è giunto il momento di muoversi per trovare il giusto bilanciamento tra permettere il lavoro delle grandi aziende e regolamentare le loro attività, individuando il confine tra libertà di espressione e discorso d’odio.
“È necessario per salvare il web – ha spiegato Berners-Lee – e questa volta sarò in prima fila, coinvolto nelle discussioni: non vedo alternative, devo farlo”.