Caviale, foie gras, ostriche: è colpa del cinema e dei francesi, se il mondo ha etichettato lo champagne come un vino frizzante eccezionalmente snob, da gustare in occasioni prestigiose e rigorosamente accompagnato da cibi altrettanto esclusivi, e per questo carissimi. Ma adesso si scopre che - come avrebbe detto Jessica Rabbit - non è lo champagne ad essere così, sono gli altri che lo disegnano in questo modo.
La democratizzazione dello champagne, idea dell’abbate benedettino Dom Pierre Pérignon, arriva da corde vocali che contano, come quelle di Marie-Christine Osselin, quality communication manager di “Moët & Chandon”, una delle più antiche e gloriose case produttrici del mondo, attiva dal 1743. In una recente intervista rilasciata ad un magazine specializzato, la potente signora “champenoise” ha voluto rassicurare il pianeta: si dice che lo champagne vada d’accordo con questo e con quello, ma il migliore degli abbinamenti possibili è con il più proletario e globale dei piatti: le patatine fritte. È una conclusione a cui sono giunti decine e decine di esperti, dopo aver provato qualsiasi tipo di abbinamento possibile. Certo, a qualcuno potrà suonare come una bestemmia: annegare il principe degli spumanti con le sguaiate signorine dello street food, ma tant’è. Da qui in poi, sarebbe anche lecito aspettarsi una flûte di champagne, compresa nel menù della giornata di certi fast-food.